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L’Unità Mobile e il bisogno di uno sguardo: la storia di Sandro 

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Continua con appuntamenti settimanali nelle piazze di Roma l’impegno del progetto di Unità Mobile “Salute e Inclusione” in favore dei più fragili. Appuntamenti che sono diventati parte della vita quotidiana di tante persone indigenti e che segnano nel profondo anche gli operatori sanitari.

È diventata una presenza fissa e confortante per molte persone fragili della capitale: si tratta del camper del progetto di Unità Mobile “Salute e Inclusione” della Fondazione Consulcesi, che ogni settimana staziona in 4 piazze di Roma e offre sostegno socio-sanitario alle categorie più svantaggiate. 

Negli ultimi 3 mesi di attività, da luglio a settembre 2024, grazie alla collaborazione delle Istituzioni sanitarie locali e dei medici di FIMMG Roma (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), l’Unità Mobile ha fornito 892 prestazioni sanitarie tra visite, prescrizioni e consegna di farmaci, medicazioni e orientamento sul sistema sociosanitario; le persone assistite sono state 547 e 42 i giorni di presenza sul territorio

La storia Sandro: il bisogno di uno sguardo

Con centinaia di persone assistite ogni mese, l’Unità Mobile e i suoi operatori sanitari sono ormai un punto di riferimento per tanti, che qui trovano sempre una parola di conforto e un volto amico. Come Sandro, un signore di 80 anni, che ogni settimana si affaccia alla porta per camper alla ricerca di uno “sguardo”. La sua storia nel racconto di uno dei medici del progetto. 

Questa è la storia di Sandro, un uomo di 80 anni, un paziente psichiatrico, che dorme in una struttura per anziani nella quale però forse non vuole davvero vivere. Girovaga tutto il giorno, finché la sera incontra il nostro camper nelle piazze di distribuzione dei pasti gratuiti. Incontra persone, spesso sempre le solite, che si riuniscono, discutono e parlottano tra di loro del cibo, del tempo, della Roma, degli amici scomparsi all’improvviso.  

Sandro sembra essere un uomo solo ma che da solo non sa stare e allora ogni giorno lamenta un dolore diverso, una richiesta di cura nuova, un controllo della pressione da fare, una tosse da sedare, il bisogno di uno sguardo da meritare. 
 
Le storie delle persone che si rivolgono al nostro camper sono tutte diverse, piene di colori, spesso anche non molto belli, ma unici. Ma hanno tutte delle similitudini: ogni persona a modo suo ci manifesta un senso di sconfitta o di rinuncia, anche quando con un sorriso larghissimo a 15 denti ci porta ogni settimana delle caramelle. Alle prime ti senti sconfitto anche tu, poi prevale la voglia di aiutare, e speri che la tua resilienza diventi anche un po’ la loro. 

“Come stai?” “E come sto, così”. Ecco, credo che il senso del nostro camper sia anche questo, trasformare quel “così” di rinuncia, in una presa di coscienza, nostra, ma soprattutto loro, per fargli notare che nonostante il sistema non sia facile da navigare, qualcosa si può sempre fare. Non salviamo le persone da loro stesse o dai loro problemi, però mi piace pensare che le accompagniamo, diventando volti conosciuti e costanti, nel loro navigare impetuoso.

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